Data: 31/12/2016 - Anno: 22 - Numero: 3 - Pagina: 49 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)
RAGAZZI SFOLLATI A MEINA (Alluvione 1951) Si contano piuttosto numerose le calamit naturali che nei secoli hanno colpito Badolato, tra tutte, ancora a memoria duomo, lalluvione del 1951. Non siamo certi se definirla la pi pesante, giacch non sono mancati, ad esempio, terribili terremoti che hanno persino modificato il volto del paese. Ma quella del 1951 stata tale da imprimere al secolare centro abitato una svolta cos decisa e irreversibile da segnarne per sempre il futuro. In conseguenza di quel disastro, difatti, nacque Badolato Marina, a cui qualcuno, in verit, pensava da decenni, ma che probabilmente non ci sarebbero mai state motivazioni valide e sufficienti per la realizzazione. Altra conseguenza del tragico evento la notevole spinta allemigrazione di massa, prima Oltreoceano e poi in altri Paesi dEuropa e nei grossi centri del Nord Italia. Fattori tutti concorrenti a determinare lo spopolamento del borgo medievale. E mi fermo qui, anche perch La Radice ha pubblicato su questi argomenti tante di quelle pagine da formare un grosso volume. Tra le conseguenze immediate al crollo delle case quel 17 ottobre del 1951 le Autorit competenti hanno preso in esame le condizioni di centinaia di bambini costretti a vivere nella facilmente immaginabile precariet di tali occasioni, con scuole chiuse, alloggi di fortuna in baracche o in casa altrui, in un clima di sofferenza e di sventura. A distanza di decenni, per motivi storici La Radice si interessata delle centinaia di ragazzi di quel periodo, indagando, anche mediante testimonianze orali, sulla loro vita di sfollati da Badolato e ricoverati altrove per periodi pi o meno lunghi in dipendenza di fattori contingenti e vari. Abbiamo scritto, da dicembre 2009 a dicembre 2010, di ragazzi ospitati a Parghelia (VV), Brindisi, Falerna (CZ), Nicotera (VV) e Roma. Mandati da chi?! Ecco una lacuna che ancora ci procura cruccio e dispiacere: non abbiamo trovato alcun atto amministrativo che invitava od obbligava le Autorit locali ad organizzare tali ricoveri. Ci risulta soltanto che in alcuni casi a interessarsene stato lArciprete don Antonio Peronace, ma non sappiamo se di sua iniziativa, o per disposizione della superiore Autorit ecclesiastica, o della Prefettura, o della Provincia. Con larticolo pubblicato sui bambini sfollati a Nicotera e a Roma pubblicato nel n 3/2010 del periodico, eravamo convinti di aver esaurito largomento. Ma di recente abbiamo appurato di un altro gruppo di ragazzi badolatesi sfollati a Meina, in provincia di Novara. Ce ne ha parlato la signora Carmelina (per noi Miniczza) Piperissa vedova Valenti. Tra i quattro bambini badolatesi cera il fratello Nicola (classe 1940), oggi residente in Inghilterra. Ripescando nella memoria, ce ne ha parlato a lungo lattenta nostra lettrice, sempre sensibile ai problemi della storia locale. E ci ha fornito utili indicazioni per continuare e approfondire la ricerca. Abbiamo cos potuto sentire Fioramante Marafioti (classe 1940) figlio di Peppino, un altro dei quattro bambini badolatesi ospitati a Meina insieme al Piperissa, a Giuseppe Pultrone (di Pasquale e Spera) e a Domenico Battaglia, di Domenico (nato nel 1942 e deceduto a Zurigo nel 1997). Abbiamo inoltre sentito lappassionante racconto di Gerardo Carioti (classe 1940), venuto apposta a trovarci a Badolato, accompagnato dallamico Armando Vitale. Ha cominciato col dirci che erano con lui a Meina anche altri suoi paesani di S. Andrea: Romolo Calabretta, Bruno Codispoti e Marcello Codispoti, dei quali, per, non abbiamo ascoltato i ricordi per ovvi motivi di tempo e di spazio. Lesserci attardati nella parte iniziale dellarticolo ci obbliga ora ad essere pi sintetici nel dire di Meina e della vita col trascorsa dai nostri giovanissimi sfollati, dei quali unificheremo il pi possibile i ricordi, omettendo qualche notizia ritenuta marginale.
Meina una piccola cittadina che allepoca contava circa millecinquecento abitanti, in provincia di Novara, appoggiata -dice Carioti- al Lago Maggiore. I nostri ragazzi erano ospiti dellIstituto Palazzolo, gestito, allepoca, da un qualche Ordine religioso femminile, giacch gli amici intervistati parlano tutti di Suore tuttofare, senza velo sul capo, con i capelli corti. LIstituto era immerso in una grande villa che tutti concordano nel chiamarla Faragianae nel dichiarare che era un angolo di paradiso. I nostri ragazzi erano partiti dalla Calabria con un pullman. Prima sosta a Catanzaro dove, in un grande negozio, furono spogliati degli stracci che avevano addosso e rivestiti a dovere, poi rifocillati prima di partire in treno alla volta di Roma, sempre guidati da un accompagnatore responsabile. Quindi pranzo in un grande Istituto romano, e poi smistamento per le varie destinazioni: i nostri otto -glintervistati non ne ricordano altri di questa zona- dove si trovarono in compagnia di altre centinaia di bambini, non sanno dire da dove provenienti e a quale titolo ospitati: qualcuno degli intervistati ha usato anche il termineorfani. Le suore erano degli angeli, sempre presenti e sempre disponibili. Erano vigili anche di notte: in ogni stanza dormivano sette od otto bambini, e in un angolo cera il letto di una suora riparato da teli. Ogni domenica li accompagnavano a Messa. Ogni settimana dovevano fare il bagno nella vasca. Spesso li portavano a passeggio in citt, o al lago a fare il bagno. Qualche volta andavano ad Arona, un paese vicino dove rimanevano incantati dinanzi alla gigantesca statua di San Carlo Borromeo (Il Sancarlone, alta pi di 30 metri). Il Carioti ricorda in particolare il nome di due sante suore, Franca, addetta allamministrazione interna (organizzazione, galline, conigli, ecc.), e Davida (sic!) che curava i rapporti con lesterno. Ricorda ancora che quando ha subito lintervento alle tonsille era presente Suor Davida a consolarlo. A Natale gli ha chiesto: Che cosa vuoi mangiare di speciale? I zzppoli, rispose lui. E lei ha preparato le zeppole. Un giorno, durante una gita in barca sul lago, la suora gli ha fatto fare la fotografia dicendogli: Un giorno ti ricorderai che ti ho portato a Stresa. Gerardo Carioti se ne ricorda, difatti, ma la fotografia non ce lha pi. N gli altri conservano una qualche foto, da usare a corredo di questo spaccato di storia nostrana. Tutti concordi, i nostri intervistati, nel dichiarare che erano trattati molto bene. A parte la comprensibile nostalgia per la famiglia lontana: si ritrovavano spesso ad osservare le automobili di passaggio nellingenua speranza di riconoscervi dentro delle persone del proprio paese. A Pasqua -del 1952, ovviamente- ci fu la Cresima per tutti, e dalla Calabria arrivarono anche i padri dei nostri ragazzi, e furono vicendevolmente gli uni padrini dei figli degli altri. Giovanni Piperissa, ad esempio, il pap di Nicola, stato il padrino di Gerardo Carioti. Il padrino di Fioramante Marafioti, invece, stato un signore di l, che lavorava nellIstituto. Ci racconta il Marafioti che nel 1963 andato a Meina per fare visita allIstituto e per salutare il proprio padrino, ma ha trovato lIstituto gi chiuso e non riuscito a rintracciare il suo padrino. Naturalmente i ragazzi hanno frequentato la scuola elementare del luogo per tutto il periodo di permanenza a Meina, che non sappiamo esattamente quanto durato. Sappiamo soltanto che lo sfollamento ebbe termine per i nostri ragazzi nel corso del 1953. La Superiora dellIstituto -ci viene raccontato- ci comunic un giorno che lincognito benefattore di Novara aveva chiuso il rubinetto della borsa?: si tornava, quindi, a casa. Gerardo Carioti -ancora lui- racconta che la Superiora lo ha chiamato in disparte e gli ha detto: Tu, se vuoi, puoi rimanere qui, e non pagherai niente se ti farai prete. E lui: No, voglio tornare a casa mia. E tornarono a casa, in treno, accompagnati sino al proprio domicilio. Dove sono diventati cittadini adulti di un mondo in frenetico cammino. Alcuni vivono fuori dal proprio paese. Qualcuno non c pi. Altri raccontano con piacere i propri ricordi a noi, che diniziativa li interroghiamo e volentieri li ascoltiamo, con il solo cruccio di essere involontariamente lacunosi e privi di adeguata documentazione. Ma lieti, comunque, di poter consegnare ai lettori unaltra pagina di storia di casa nostra. Per la quale ringraziamo, oltre ai protagonisti intervistati, chi vi ha collaborato, come lamico Armando Vitale e la signora Minicuzza Piperissa che ce ne ha parlato per prima e ci ha fornito numerose notizie. |